Tito Menichetti la storia raccontata dai vinti

Ci siamo più volte detti che la storia la scrivono i vincitori, raramente abbiamo la possibilità di trovare racconti dei vinti. Il caso ha voluto che un nostro lettore ed amico leggendo il racconto "Saltocchio lo jutificio e Tito Menichetti", mi abbia gentilmente consegnato una edizione del 1922 originale a firma Carlo Scorza allora Segretario Federale del P.N.F. che narra di quegli eventi. Ovviamente nel testo si elogia la figura di Tito Menichetti e le frasi hanno toni retorici tipici del tempo ma alcuni tratti del racconto li voglio condividere con voi. Così oggi possiamo tornare indietro di oltre 90 anni, agli inizi del secolo scorso.

Tito  Menichetti fa parte di quella generazione che nel 1916 durante la Prima Guerra Mondiale, a diciassette anni, partì volontaria per il fronte. Dopo il Liceo si iscrive alla facoltà di legge ed il 25 marzo del 1921 giorno in cui fu ucciso, non aveva ancora compiuto 23 anni.

Prima di descrivere l'accaduto il narratore scrive le motivazioni ad elogio della persona. "Congedato, è sorpreso dallo scempio che si faceva per le piazze della sua Patria di quanto egli aveva costruito insieme con la più bella gioventù italiana per lunghi anni : è nauseato dalla viltà di ministri e dirigenti: attende con animo fremente di sdegno il segnale della riscossa. Quando l'ora scoccò nel quadrante delle fortune della Patria, Egli è ancora al suo posto: fascista!" ...

poi la versione dell'accaduto: "Il 25 marzo 1921 venne a Lucca e con pochi suoi fratelli in fede partì per il Ponte a Moriano, ove doveva essere acceso un nuovo focolare dì italianità in mezzo alla tenebra folta che per anni l'odio e la malvagità avevano diffuso tra l'ignoranza e l'orrore. A Ponte a Moriano egli non giunse : restò a guardia di un'automobile avariata. Fu circondato da bestie avide di sangue: non volle uccidere perchè il suo animo, assetato di bellezza, rifuggiva da ogni bruttura : ebbe una pallottola nel capo mentre consegnava la sua arma. Lo pescarono morente in un fosso melmoso ...

Di questo evento molte sono le versioni, una di queste, diversa ovviamente dalla precedente, cita la motivazione: "scopo della missione è di dar man forte ai camerati locali per togliere dalla sede del circolo ricreativo socialista il simbolo dei "soviet", cioè la falce e martello. L'obiettivo viene raggiunto ma gli operai avuta notizia del fatto corrono in paese e i fascisti si danno alla fuga; alcuni di loro però rimangono staccati dal gruppo principale a causa di un guasto all'autocarro su cui viaggiano e ben presto vengono circondati dagli operai. Nasce una rissa e alla fine a terra rimane ferito mortalmente il fascista pisano Tito Menichetti. Il processo, che si tenne un anno dopo i fatti, individuò come unico responsabile il ferroviere Giuseppe Neri, originario di Castagneto Carducci, che venne condannato a 17 anni e 7 mesi di reclusione." al manifesto fascista "Tito Menichetti sarà vendicato! Senza pietà!" il maestro Carlo Cammeo scrisse il suo j'accuse sul settimanale socialista pisano "L'Ora nostra" e quello fu l'obiettivo della rappresaglia fascista che scatta il 13 aprile 1921. Il maestro viene convinto da due donne ad uscire nel cortile della scuola dove un fascista gli spara con la pistola di fronte ai bimbi terrorizzati. I fascisti responsabili della morte di Cammeo, grazie alla complicità delle autorità e all'interessamento del sottosegretario alla giustizia Arnaldo Dello Sbarba, saranno tutti prosciolti dall'accusa di omicidio.

Altra versione dello stesso evento: "Durante una spedizione punitiva contro i lavoratori tessili socialisti di Ponte a Morìano (Lu) un camion si guasta: gli squadristi proseguono a piedi, ma gli antifascisti tendono un agguato alle 5 camicie nere rimaste di guardia al veicolo, il ventitreenne Tito Menichetti, colpito da una rivoltellata mentre è seduto sull’argine di un canale, cade in acqua e viene ripescato agonizzante."

In se questo evento rimane un esempio tragico sia nelle parole dei vincitori che dei vinti, più che un evento eroico, come magari le fazioni vorrebbero farci intendere. Ci permette di dare un minimo di contesto e racconta di una Italia travagliata, piena di tensioni, disprezzo, malumori, divisa nella gente, privata di libertà e diritti, umiliata nella quotidianità e in guerra con se stessa, dove si tiravano manganellate e si poteva morire ammazzati anche a 23 anni o per rappresaglia in una spirale senza uscita. Dove esistevano le spedizioni punitive, dove per strada la gente si ribellava anche con gesti tragici, il tutto spinto da una follia che umilia valori ed intelligenze dell'essere umano.

Saltocchio

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