
Mario Pannunzio (1910 - 1968)
Figlio di un avvocato abruzzese e nobildonna Lucchese nato a Lucca il 5 marzo 1910, fu coetaneo, vicino di casa e amico di Arrigo Benedetti.
Nel 1933 fondò Oggi, "settimanale di lettere ed arti" (poi "rassegna mensile"), una piccola rivista culturale che dovette chiudere dopo solo qualche numero per motivi di opportunità politica, avendo assunto una linea editoriale sgradita al regime. L'anno seguente, oltre a laurearsi in giurisprudenza, fondò insieme ad Alberto Moravia la rivista La Corrente.
Negli anni successivi diversificò i suoi interessi, sperimentandosi nella sceneggiatura cinematografica e nella pittura, tornando al giornalismo intorno al 1937, chiamato da Leo Longanesi, insieme ad Arrigo Benedetti, alla redazione de L'Omnibus; per questa testata tenne una rubrica di critica cinematografica fino al 1939, quando le pubblicazioni furono interrotte dalla censura.
Con Benedetti cercò allora di ricostituire un riferimento editoriale per gli intellettuali dissidenti e, riprendendo il nome della sua prima testata, lo chiamò Oggi; stavolta però si trattava di un settimanale prodotto con l'ancora innovativa tecnica del rotocalco. Anche questa testata non ebbe vita lunga e nel 1941 fu chiusa, sempre per motivi politici.
Durante la seconda guerra mondiale, sotto la fondante ispirazione di Benedetto Croce, fu fra i fondatori del Partito Liberale Italiano, insieme a, fra gli altri, Leone Cattani, Franco Libonati, Nicolò Carandini, Manlio Brosio, con i quali fondò Risorgimento liberale, quotidiano politico che diresse sino al 1947 con un'interruzione di pochi mesi per carcerazione alla fine del 1943.
Nel 1948 passò a L'Europeo, diretto da Benedetti, e nel 1949, ancora una volta riesumando un nome editoriale del passato, fondò Il Mondo, settimanale che avrebbe diretto sino alla chiusura (1966).
Il Mondo da subito si distinse, secondo consolidata personale tradizione del suo ideatore, come una rivista idonea a fungere da centro di aggregazione e di trasmissione delle istanze intellettuali del periodo. Numero e qualità dei collaboratori e dei temi affrontati lo resero di fatto un inconsueto soggetto politico che dall'esterno si poneva come interlocutore dei gestori della vita politica, dando peraltro vita in Italia (almeno in una forma che ne consentisse influenza) al "giornalismo d'opinione".
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